Se c’è un ruolo nel calcio inglese che fatica a trovare una sua consacrazione è proprio quello del portiere. Se l’orgogliosa Inghilterra potesse barattare qualcosa con qualcuno penso che lo farebbe proprio con l’Italia e la sua scuola di portieri. Ci deve essere, del resto, una sorta di maledizione che accompagna gli inventori del calcio se nessun portiere di Sua Maestà ha mai lasciato realmente il segno.
Due sono le figure archetipe del portiere inglese: Peter Shilton e David Seaman. Shilton è stato il portiere del Nottingham due volte campione d’Europa sotto la guida di Brian Clough (1979-1980) ma soprattutto è stato quello che nel Mondiale di Messico ’86 ha visto in faccia la Mano de Dios di Maradona, ovvero, la rivincita politica più spettacolare che solo il calcio poteva offrire. Come lo stesso Maradona ammise, quel goal di mano non era altro che il giusto risarcimento per la guerra delle Isole Falkland di cui nel 1982, in un rigurgito colonialista, l’Inghilterra rivendicò il possesso strategico.
Quegli anni, in pieno clima Tatcher hanno rappresentato forse uno dei momenti più difficili per il cacio inglese e la sua affermazione europea. A livello politico hanno portato alla distruzione della forza sindacale avviando una privatizzazione rampante del settore pubblico. A farne le spese, tra i vari settori, in particolare è stata la produzione mineraria dello Yorkshire che a livello di economia calcistica significò essenzialmente la fine del potere economico di squadre come Leeds, Sheffield e per l’appunto Nottingham anche se geograficamente più lontana. Nel libro Calcionomia (Soccernomics, 2009) gli autori Simon Kuper e Stefan Szymanski, collegano esattamente questa perdita di potere economico alla fine del calcio della provincia industriale rappresentata dagli incredibili successi in serie, a livello europeo di Nottingham e Aston Villa ma anche di squadre come Saint Etienne, Malmoe e Borussia Monchengladbach.
Tornando ai quarti di finale del 1986 (22 giugno) allo Stadio Atzeca di Città del Messico, Shilton e l’Inghilterra intera furono le comparse della vendetta maradoniana sotto forma, prima di una serie di dribbling partiti da centrocampo e finalizzati dal solito mancino e poi dal colpo di mano più abbagliante delle storia del calcio. Nelle foto consegnate alla storia, Shilton è proteso con il pugno in avanti verso una sfera che non riuscirà neanche a sfiorare perché, come lui stesso ha ammesso, il gesto di Maradona era difficile da immaginare e vista la traiettoria del pallone i tempi erano calcolati per un’uscita comoda che solo qualcosa di totalmente irrazionale avrebbe potuto rovinare. Ma quella non è stata la prima maledizione che colpì Shilton in nazionale. La prima infatti fu la clamorosa topica contro la Polonia nel 1973 durante le qualificazioni mondiali dove un tiro abbastanza innocuo di Domarski gli passò sotto le braccia costando all’Inghilterra la qualificazione. Quella che fu sarcasticamente definita come “perfect save” non fermò, però, la carriera di Shilton che l’anno dopo venne acquistato dallo Stoke – Shilton giocava nel Leicester – per 325,000 £ cifra record per un portiere. Il suo successivo passaggio al Forrest di Clough nel 1977, per 250,000 £, segnò l’inizio della sua carriera da vincente sia in Premier che in campo internazionale. Nonostante i successi, come afferma scherzando lo stesso Shilton, ad oggi viene ricordato ancora per il goal di Maradona.
Per certi aspetti David Seaman ha rappresentato, dall’inizio degli anni 90 ai primi 2000, quello che Shilton rappresentò tra gli anni 70 e 80. Legato e ricordato per i suoi 13 anni all’Arsenal (1990-2003) Seaman ha collezionato 75 presenze con la nazionale dei tre leoni ed è secondo, per l’appunto, solo a Shilton (125). Come il suo predecessore anche David fu vittima della maledizione del numero 1 e anche nel suo caso si manifestò nelle sembianze di un numero 10 sudamericano. Erano i mondiali del 2002 in Corea e Giappone. Anche in questa occasione si trattò dei quarti di finale. 21 giugno stadio Ecopa di Shizuoka, Brasile – Inghilterra. Sul risultato di 1-1 (Owen, Rivaldo), il giovane Ronaldinho (in quel Mondiale con il numero 11) si appresta a battere una punizione da posizione defilata sulla trequarti campo. Tutta la difesa, Seaman compreso, è posizionata per respingere quella che sembrerebbe un’intenzione di cross al centro. E invece…..
La punizione del Gaucho si va ad infilare sotto l’incrocio e David può solo accartocciarsi goffamente. C’è da dire, però oltre i meriti di Ronaldinho, che il pallonetto da fuori è sempre stato il tallone d’Achille di David come dimostrato anche nella finale di Coppa delle Coppe del 1995 quando, un pallonetto da 45 del centrocampista Nayim nei minuti finali dei tempi supplementari, regalò la Coppa al Zaragoza. David rimane però, nell’iconicità della nazionale inglese di Euro ’96, l’uomo che respinse il rigore di McAllister (Inghilterra-Scozia 2:0) dando avvio poi alla superba rete di Gazza Gascoigne con la celebre esultanza definita “dentist chair”:
E veniamo finalmente a noi e a Dean Henderson. Dean nasce il 12 marzo 1997 a Whiteheaven nella contea di Cumbria al confine con la Scozia. Inizialmente entra nelle giovanili della squadra locale del Carlisle United per poi approdare alle giovanili del Manchester Utd (2011-2016) che attualmente ne detiene il cartellino. Con la nazionale Under 20 vince il mondiale di categoria nel 2017, guarda caso nella fatal Corea di Seaman. Non ha occasione però di fare il suo debutto con i Red Devils e così inizia il giro dei prestiti. La prima squadra in cui gioca è lo Stockport County FC, sei mesi in cui colleziona 9 presenze subendo 11 reti. Poi passa al Grismby Town in qualità di secondo portiere per la stagione 2016-2017 e qui il rapporto goal subiti/presenze inizia ad invertirsi. Infatti, in 7 partite, Dean subisce solo 6 goal riuscendo ad ottenere addirittura 4 clean sheet (ovvero partite senza subire goal.) La stagione successiva va in prestito al Shrewsbury Town Football Club, la squadra che quest’anno in FA Cup aveva bloccato il Liverpool in casa con un clamoroso 2-2 in rimonta, con la quale gioca 38 partite subendo 32 reti e soprattutto ottenendo 14 clean sheet. Questi non sono numeri da League One e così, ovviamente, arriva la chiamata in Championship da parte dello Sheffield United motivato più che mai a risalire in Premier dopo la promozione record della stagione 2016-2017 dalla League One (100 punti in 46 partire con 92 goal segnati). Alla sua prima stagione con le Blades, Dean gioca 46 partite subendo 41 goal e lasciando la porta imbattuta per ben 20 partite di cui, per l’esattezza, 4 vote per tre partite di fila. Lo Sheffield così, anche grazie al suo portiere, riconquista la Premier.
Questo ci porta alla stagione attuale (2019-2020) dove lo Sheffield attualmente si trova al settimo posto con 43 punti in piena zona Uefa e a soli 5 punti dal quarto posto del Chelsea. In questa stagione Dean ha già collezionato 27 presenze subendo 21 goal e realizzando 10 clean sheet. Questo è un dato estremamente importante dal momento che, come succede in molte squadre medio piccole, i portieri sono chiamati a compiere diversi interventi a partita arrivando così ad un certo grado di visibilità ma allo stesso tempo mostrando sempre una sorta di inefficacia alla base. Ad esempio uno dei portiere italiani più “visibili” è Mattia Perin il quale pur realizzando parate e giocate straordinarie non è mai riuscito ad invertite il trend tra partite giocate e goal subiti se non nella sua stagione da secondo portiere della Juventus dove in 9 presenze ha subito solo 7 goal. Nella sua esperienza genoana (2013-2018) Perin ha giocato 149 partite raccogliendo la palla in fondo alla rete ben 179 volte.
Tornando ad Henderson, la partita che meglio rappresenta le capacità di quello che il prossimo anno diventerà probabilmente il portiere titolare dello United togliendo il posto a De Gea, è stata proprio l’ultima vinta contro il Norwich (8 marzo 2020). Calcio d’angolo per i Canaries. Batte Buendia, in mezzo all’area stacca il centrale Godfrey che indirizza la palla nell’angolo basso. Dean si lancia come un felino, paragone classico per i portieri, nello steso momento in cui Vrancic si avventa sulla carambola in scivolata e respinge il primo tentativo sulla linea con l’aiuto del palo. In una frazione di secondo si scatena una mischia furiosa. Henderson sventa il secondo tentativo da terra di Vrancic allungandosi con la gamba. La palla arriva Drmic che colpisce con lo stinco, Dean si butta alla sua destra respingendo il tiro rasoterra per poi allungarsi con il braccio sinistro evitando la ribattuto dello stesso Drmic. Da fuori la situazione sembra caotica ma lì, su quella linea di porta, in un spazio di mezzo metro e con cinque giocatori addosso, Dean controlla tutto con un’efficacia estrema.
Le avvisaglie delle capacità di Henderson si erano già viste in più occasioni ma in quella partita furono condensante in una summa fantastica entrando di diritto, come direbbe Altafini in un gioco per Play Station di qualche anno fa, alla pagina 50 del manuale del calcio. Un’altra partita eccezionale del muro di Whiteheaven è stata quella contro il Manchester City alla 24esima giornata. Per inciso, nella riga precedente volevo scrivere numero ma il correttore ha giustamente cambiato la parola in muro. Nonostante la truppa di Guardiola sia riuscita ad imporsi a Bramall Lane per 1-0, Dean ha giocato una partita dove ha dimostrato il best of delle sue caratteristiche. La prima parata è stata quella su Sterling, mano aperta su un tiro in corsa da pochi metri. La seconda è stata di ginocchio sulla rovesciata da pochi passi di Otamendi. E la terza è stata il rigore parato a Gabriel Jesus.
Una delle caratteristiche principali di Dean, che mancava sia a Shilton per il diverso modo di intendere il ruolo che a Seaman per la stazza imponente, è la parata di piede, o meglio è la capacità di usare il piede come fosse un difensore. Questo lo sa bene Salah che alla settima giornata si è visto respingere un contropiede a tu per tu con Dean che, piazzato davanti a lui come un libero d’altri tempi, ha respinto la conclusione con una plastica spaccata/scivolata.
Nonostante questo ruolino di marca straordinario e le doti messe in luce quest’anno, Dean ancora non ha fatto il suo esordio con la nazionale maggiore. Questo da una parte perché si trova davanti Jordan Pickford (1994) che ai Mondiali di Russia 2018 parò due rigori nei quarti contro la Colombia e dall’altra, perché le politiche di Southgate verso i giovani sono un po’ ambivalenti come dimostrato dal caso Maddison. Poi c’è la questione della maledizione e magari è proprio Dean a non voler indossare quella maglia.
Con questo ultimo articolo si conclude la nostra orda d’ora completandosi così dell’ultimo tassello necessario per scendere in campo. In una formazione, in cui a dir la verità manca un Paul Ince del centrocampo, possiamo immaginare un 3-5-2 dove il ruolo predominate spetterebbe ad un centrocampo di numeri 10. L’orda d’oro così si schiererebbe: In porta: Dean Henderson. Difensore centrale: Reece James. Terzino destro: Max Aarons. Terzino sinistro: Jamal Lewis. Centrocampo a 3: Jack Grealish, Mason Mount, Phil Foden con questi ultimi due in una posizione leggermente più avanzata. Ala sinistra: Todd Cantwell. Ala destra: Trent Alexander-Arnold (fuori ruolo ma primo o poi diventerà un esterno alto). Punta centrale: Tammy Abraham. Seconda punta: James Maddison.