Il mondo calcistico italiano, fin dai lontani albori degli anni Novanta, si divide in due fazioni, pro Zeman e anti Zeman: c’è chi lo considera un santone dello sport più amato del Belpaese e chi, per usare la recente definizione di Vialli, lo considera un paraculo.
L’unico uomo al mondo capace di fumare una stecca di sigarette al giorno e senza nemmeno aprirla (cit.) è sempre alla ribalta grazie alla sua calvizie lingustica (nel senso che non ha peli sulla lingua): è un portatore sano di verità o sa semplicemente come far parlare di sé, anche quando non è professionalmente in primo piano?
Zeman nel corso della carriera ha saputo farsi molti amici e molti nemici, immerso nel suo personaggio che sembra uscito da un romanzo pulp, lo sguardo scrutatore, l’imperturbabile aplomb, l’immancabile vizio del fumo e la voce bassa e roca, usata per dire poche ma ficcanti parole… Zeman è ormai un mito, ancor prima che un allenatore.
L’ultima querelle che lo vede coinvolto è fresca di qualche ora: puntualmente punzecchiato da un giornalista di Sette, il boemo ha avuto modo di definire Abete “un nemico del calcio”, salvo poi rimediare all’incidente diplomatico (e alle annusate multa e squalifica) ripiegando su un più vago “quanto dichiarato non era riferito alla persona del presidente della FIGC, ma al sistema calcio nel suo complesso, che negli ultimi anni ha perso occasioni importanti per riformarsi.”
Il dietrofront sembra sincero come il sorriso di un ballerino di tip tap, almeno quanto la dichiarazione sembrava essere tutt’altro che esagerata…
Ancora una volta il pubblico si divide su Zeman: è un guru o solo un paraculo?
Forse è un paraguru…
L’ardua sentenza ai posteri (non quelli che s’attaccano al muro).
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