Genoa: memoria di un giorno di delirio (anti)sportivo.

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Era una notte buia e tempestosa…

Veramente no, era un soleggiato pomeriggio di aprile, diventato tempestoso per motivi non meteorologici: si giocava Genoa-Siena e l’undici rossoblù stava ovviamente perdendo con allegra goleada senese, o-4 il passivo (per chi avesse memoria corta, ricordiamo che il Genoa dello scorso anno aveva una difesa impresentabile).

Il secondo tempo era iniziato da appena 8 minuti quando gli ultras genoani decisero d’interrompere la partita in segno di protesta, lanciando oggettistica di vario tipo sul terreno di gioco; non paghi, s’erano spostati dalla curva sulla tribuna sopra il tunnel degli spogliatoi, impedendo ai giocatori della propria squadra di uscire dal campo. Volevano un gesto d’umiliazione, il levarsi la maglia di cui secondo loro non erano degni.

Lo ricordiamo, anche se sono fatti, perché all’epoca ci colpì lo scatto d’orgoglio di Giuseppe Sculli, che rifiutò di togliersi la maglia (al contrario dei suoi più vili compagni) e andò a parlare faccia a faccia coi capi della tifoseria, a testa alta, a muso duro. Li fece ragionare e la parità riprese.

All’epoca dicemmo: “Sculli ha dimostrato di avere le palle e di essere il vero capitano del Genoa” (il capitano era Marco Rossi, lui era di ritorno in prestito dalla Lazio).

Di oggi è invece la notizia del deferimento, da parte della commissione disciplinare, di tutti i 16 giocatori genoani in campo quella domenica – rei di aver violato il primo articolo della Giustizia sportiva, che prevede che «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici […] devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva».

Pronta la reazione del presidente Preziosi e dei legali della società Genoa, che si sentono parte lesa e sperano ovviamente di evitare eventuali e pesanti squalifiche; noi vorremo però sottolineare un altro dettaglio.

Secondo la Disciplinare, infatti, Sculli sapeva della protesta organizzata dai tifosi; si legge negli atti che avrebbe «reso dichiarazioni non veritiere, in quanto a conoscenza dell’organizzazione preventiva della contestazione, nonché della preordinazione dei tumulti perché riferitagli direttamente da uno dei capi ultrà della tifoseria del Genoa e per aver poi intrattenuto contatti con alcuni esponenti della tifoseria ultrà locale».

Accuse pesanti.

Quello che per noi era stato il gesto orgoglioso e carismatico d’un vero capitano, del leader putativo della squadra, sarebbe stato in realtà una mezza farsa, una grossa presa per i fondelli.

In attesa che la situazione venga definitivamente chiarita, a noi rimane comunque l’amaro in bocca per uno sport che in mano a pochi esagitati e compiacenti rischia ogni giorno di più d’andare a puttane.

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