Se prendessimo l’intera squadra brasiliana iscritta alle Olimpiadi di Londra 2012 e sommassimo il prezzo dei loro cartellini arriveremo ad una cifra talmente stellare che neanche gli sceicchi potrebbero arrivare a spenderla a cuor leggero. Eppure tutte queste fenomenali individualità non sono bastate a scacciare il tabù olimpico della nazione verde-oro che maiè riuscita a garantirsi l’oro nella manifestazione a cinque cerchi.
Un nome per tutti: il famigerato Lucas. Acquistato per 45 milioni di euro dal Psg e relegato a ruolo di comparsa (oggi solo 7 minuti in campo) manco fosse un attorucolo da teatri di quartiere, il giovane brasiliano è il simbolo di questa nazionale in cui la potenza dei nomi non è bastato a superare anche l’ultimo ostacolo, quello decisivo. Hulk, Leandro Damiao, Thiago Silva, Marcelo, Oscar, Neymar, Pato e chi più ne ha più ne metta, si sono abbattuti contro il muro difensivo messicano, spesso a 5 uomini e con la presenza del libero stile Scirea per difendere il vantaggio acquisito.
Il Messico, privo di grandissimi nomi (Geovani Dos Santos, il più conosciuto, non ha preso parte alla finale), si è dimostrato più squadra difendendosi con ordine e ripartendo con micidiali contropiedi. Certo il gol dopo 30 secondi può aver aiutato la squadra centroamericana, ma alla fine ciò che ha punito la squadra di Menezes è stata l’assenza di un gioco degno di questo nome. Tante iniziative personali fine a se stesse, tanti dribbling finiti nel nulla, tante progressioni ma poche conclusioni. Puoi avere tanti occhi ma se poi sei miope come una talpa la porta non la vedi proprio.
Il calcio alla fine è un gioco di squadra e quale occasione migliore per dimostrarlo se non le olimpiadi?
Il gol di Hulk al novantesimo minuto, dopo la doppietta di Pereira, ha dato un pizzico di pepe ad un finale in cui i giovanotti messicani sono stati attraversati dalla più feroce paura di vincere esistente. Il rischio corso però non ha avuto grandi conseguenze e dopo tre minuti di recupero un urlo liberatorio si è alzato verso il cielo.
Per i brasiliani non resta che aspettare altri 4 anni e un nuova generazione di fenomeni per cercare di scacciare una maledizione che incombe sulle loro teste da tempo immemore. Potranno riprovarci a Rio, davanti al pubblico di casa, in un’atmosfera che sarà ancora più “caliente”.Per ora si devono accontentare di un argento dal sapore assai amaro.
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