Assoluzione per Mimmo Criscito, ma l’Europeo chi glielo restituisce?

 

Saltare un Europeo per qualche fotografia. In Italia la giustizia sportiva permette questo e altro. Mimmo Criscito  è stato prosciolto da tutte le accuse di combine, le stesse che lo avevano costretto ad abbandonare il ritiro della nazionale e che gli hanno fatto saltare lo splendido Europeo dell’Italia in Ucraina e Polonia.  Possiamo solo immaginare la sua estate di frustrazione e rabbia per un sogno svanito troppo in fretta.

I fatti sono quelli della presunta “vendita ” di un derby con la Samp (Criscito ai tempi indossava la maglia del Genoa) per favorire un flusso di scommesse anomale sullo stesso. Siamo nel 2011 quando, secondo l’accusa, il difensore incontra i presunti “accomodatori” del match per sottoscrivere l’impegno truffaldino e prendere gli accordi per il pagamento di questo servizio.  Fatti che non hanno trovato vere prove (sono davvero basati solo su una fotografia) e che ora vengono giustamente fatti cadere come frutti maturi. Decisive sono state anche le dichiarazioni degli allora capitani (Rossi e Zauri) nonché il mancato coinvolgimento di membri delle società in questione.

Criscito è stato anche abbastanza condiscendente con chi gli ha fatto perdere un appuntamento che non capita certamente molte volte in una carriera: “Se fossi andato all’Europeo mi sarei messo alle spalle tutto e sarei tornato ad affrontare l’argomento dopo i campionati. La rabbia di non aver fatto un torneo così importante resta, ma sono contento e non stupito per la notizia dell’archiviazione. È stata fatta giustizia, sapevo che sarebbe finita così. Sono stato indagato per una foto, ma io ero lì per parlare di tutt’altro. Ho capito che dovrò stare più attento”.

Sarà il clima russo che lo ha reso più freddo o forse la consapevolezza  che gettare benzina sul fuoco non porterebbe a nulla, ma la notizia è stata accolta dal giocatore dello Zenit con grande diplomazia e signorilità. Bisognerebbe che fossero altri ora a pagare dato che siamo di fronte all’ennesimo caso in cui la giustizia sportiva condanna troppo preventivamente, basandosi su eventi e cause non dimostrabili e alimentando accuse troppo spesso campate in aria.

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