Ci vuole più umiltè! Chi non si ricorda di “Arrighe”, la parodia di Maurizio Crozza costruita su Arrigo Sacchi? Uno dei personaggi più riusciti del comico ligure in ambito calcistico, forse anche il più rimpianto. Ma perché parliamo dell’ex allenatore del Milan? Per una sua frase, pronunciata ieri, rimbalzata su tutti i media. Parole che hanno scomodato pure rappresentanti del governo che oggi le hanno definite: “Inammissibili e molto gravi”.
Qual è la frase incriminata? Semplice, Sacchi sostiene che nel calcio italiano giovanile ci sono: “Troppi ragazzi di colore. Pure nella finale del torneo di Viareggio“. Un’affermazione infelice, perché priva di quella sensibilità che oggi percorre il nostro paese, suscettibile come non mai ai temi riguardanti il razzismo, l’immigrazione (di qualunque tipo), la mancanza di possibilità e lavoro per i nostri giovani. Un’accusa, quella di razzismo, che Sacchi smentisce categoricamente: «Allora, ho 68 anni non sono mai stato razzista e non lo sarò mai. Non fa parte del mio modo di essere e della mia mentalità. Si conosce la mia storia professionale e si sa che ho allenato Ruud Gullit e Frank Rijkaard, grandi giocatori di colore, con i quali mi lega una forte amicizia. Sono convinto che uno dei problemi del nostro calcio siano i troppi stranieri, circa 1.300, cioè il 53% del totale. Storicamente, Tutte le volte che c’è stata un’invasione di giocatori di altri Paesi, la Nazionale e i club sono andati male».
Un tiro corretto per salvarsi in corner? Più che altro una precisazione necessaria per smorzare le fiamme divampate con grande rapidità. È vero, Arrigo ha voluto solo mettere in guardia il movimento da una tendenza che ha fatto male in passato e farebbe male in futuro al nostro calcio. Ma lo ha fatto attraverso modalità degne del peggior Borghezio, con una punta di malignità facile da rigirare per un giornalista smaliziato. Difficile escludere il mondo del pallone da una globalizzazione così forte che ormai comprende ogni settore della società. Compreso lo sport.
«Non parlerò più con i giornalisti» tuonava oggi l’Arrigo nazionale. Non una cattiva idea, soprattutto quando le parole non sono state pesate e sono facili bersagli di interpretazioni corrotte. Arrighe, non te la prendere. Ma la prossima volta meglio usare un po’ più d’umiltè (o di cervello).