Un derby lottato, sudato e spettacoloso sarebbe stato un derby della Madonna. Milan-Inter, ieri sera, non è stato nemmeno un derby della Madonnina.
L’abbiamo twittato ieri, lo ripetiamo oggi; una delle sfide più attese della stagione si spegne di volta in volta: i rossonerazzurri aggiornano costantemente, anno dopo anno, la classifica del derby più brutto (o inutile) della storia. Questo novembre caldo non è da meno, e ci regala un ‘derbaccio’; e nessuno si è divertito nemmeno a insultare Poli.
La nuova Inter del Mancio bis era chiamata a una svolta dopo le delusioni dell’era Mazzarri, ma ci regala un primo tempo degno del campionato di serie C del Vanuatu – con tutto il rispetto per il Vanuatu, con cui ho vinto storici mondiali a FIFA ’98. Il Milan di Inzaghi sfrutta per un po’ la mollezza degli avversari, senza peraltro brillare se non nell’azione del bel vantaggio a firma El Sharaawy-Menez; ma il Milan di Inzaghi ha un’autonomia di 60 minuti secchi (secchissimi, una sorta di siccità sportiva) e perfino quest’inter priva di tono e geometrie riesce pian piano a guadagnare possesso palla. Poi l’imprevedibile.
Segna Obi.
No, non Obi Wan Kenobi (Palacio, infatti, ha giocato dimmerda). No, non la catena di punti vendita per il bricolage. Proprio Obi, Joel Obi. Uno che ancora non si capisce perché giochi in serie A. Almeno nel 2013 aveva segnato Schelotto (ed è tutto un dire). Con quella sua pettinatura un po’ Davids e un po’ Taribo West, il ventitreenne nigeriano sfrutta nel migliore dei modi un provvidenziale assist di Zapata (sì, lui; ancora) e lascia partire una melanzana dal limite che Diego Lopez prova a fermare con la reattività di un bradipo zoppo: è pareggio. Al Milan non basta nemmeno togliere lo spento Torres per Honda; ma qui nemmeno la MV Augusta di Agostini avrebbe fatto molto.
Un risultato giusto, alla fine; un risultato che non fa contento nessuno ma che nessuno scontenta, almeno a livello di classica – dove tutto rimane più o meno come prima. Di certo non saranno contenti i tifosi delle due squadre: non hanno perso, no; però che palle…